Dalle parole ai fatti, senza perdere altro tempo. Un modo concreto per celebrare il Primo Maggio. L’ASviS e il ForumDD, insieme alle tante organizzazioni che ne fanno parte e operano sul territorio a favore delle persone più vulnerabili, chiedono l’inserimento nel Decreto in preparazione di strumenti in grado di proteggere tutte e tutti, con risposte mirate in funzione dei bisogni effettivi
Roma, 30 aprile 2020. Da oltre tre settimane il Governo e le forze di maggioranza che lo compongono hanno ricevuto la proposta dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) e del Forum Disuguaglianze e Diversità (ForumDD) finalizzata a garantire un reddito per i 6-7 milioni di lavoratori esclusi dal decreto “Cura Italia” e una più giusta e progressiva tutela per le lavoratrici e i lavoratori autonomi. Si tratta di interventi temporanei e finalizzati ai più vulnerabili e deboli. “Nessuno resti indietro”: questo l’obiettivo urgente delle proposte avanzate, condiviso da esponenti del Governo e leader di partito.
Adesso però la credibilità della volontà di “non lasciare indietro nessuno” si misura alla prova dei fatti.
Persone che già prima dell’emergenza vivevano in situazioni drammatiche a causa di disuguaglianze profonde oggi sono del tutto prive di un sostegno minimo. Il Reddito di Cittadinanza per l’Emergenza (REM) riguarda lavoratori a tempo determinato con il contratto scaduto o lavoratori irregolari, cioè chi non beneficia di altri ammortizzatori sociali, mentre il Sostegno di Emergenza per il lavoro Autonomo (SEA) punta a migliorare il bonus di 600 euro per il lavoro autonomo, commisurando il suo valore in funzione delle condizioni economiche del nucleo familiare del lavoratore autonomo. Che sia urgente intervenire lo sanno chiaramente gli operatori che sui territori si adoperano ogni giorno per fornire aiuti concreti e tamponare così l’emergenza economica e sociale. Interventi che da soli non possono bastare perché non è il Terzo settore che può offrire le risposte che competono allo Stato, in attuazione dell’articolo 3 della Costituzione.
Come prevedibile e previsto, l’emergenza sanitaria si è trasformata in emergenza sociale ed economica per troppi cittadini e cittadine. Un Governo che non agisse subito, oltre a commettere una grave ingiustizia, si assumerebbe gravi responsabilità. Quella di impedire a molte persone di programmare il futuro perché costrette a occuparsi di cosa mettere sulla tavola per sé e per i propri figli. Quella di esporle alle proposte della criminalità organizzata, che sta espandendo lo strumento dell’usura. Quella di far perdere proprio nei più deboli ogni fiducia nello stato democratico, incapace di attuare la Costituzione. Con il rischio di alimentare rabbia sociale attraverso una guerra tra poveri che potrebbe disgregare società e relazioni.
Ormai non c’è più da aspettare: bisogna intervenire subito.
Storie verosimili di persone escluse dai provvedimenti e che stanno aspettando interventi.
Adisa, 43 anni, vive a Milano dove lavorava con un contratto a termine presso l’aeroporto di Malpensa. Il suo contratto è scaduto il 15 marzo e non è stato rinnovato e la sua situazione contributiva fa sì che abbia diritto alla NASPI solo per 3 settimane, passate le quali non avrà la possibilità di accedere ad alcuna forma di ammortizzatore sociale.
Giuseppe, 75 anni, vive con la moglie Rita, la figlia Anna, separata e disoccupata, e i suoi tre nipoti a Monza. L’unica fonte di reddito è la pensione di invalidità di Rita, pari a 275 euro e, fino allo scoppio della pandemia, il reddito proveniente dal lavoro irregolare, come colf, di Anna. Con lo scoppio della pandemia Anna ha smesso di lavorare e la famiglia di 6 persone vive con 275 euro al mese.
Gaia è una grafica di 29 anni che vive a Roma. Dopo aver perfezionato i suoi studi all’estero ha deciso di intraprendere una carriera di freelance, ma lo scoppio della pandemia ha di fatto messo in stallo il suo lavoro. Giulia paga 750 euro per il monolocale che ha in fitto e, anche se portato a 800 euro, il bonus previsto dal governo le permetterà a stento di coprire le spese di affitto, rimanendole ben poco per le altre spese.
Francesca, 36 anni, vive a Palermo e ha perso il suo lavoro come co.co.co. nel dicembre 2019. Da allora ha usufruito della NASPI ma il mese di aprile sarà l’ultimo a cui ha diritto. La sua situazione patrimoniale, però, non le consente di accedere al reddito di cittadinanza.
Massimo, 47 anni, fa il musicista a Bologna e ha ricevuto diversi premi a festival della musica per la sua abilità di suonare utilizzando materiali poveri. Molto spesso collabora anche con iniziative educative rivolte a giovani appena usciti dal circuito penale o in situazioni di fragilità. Non usufruisce di alcun ammortizzatore sociale e la sua situazione patrimoniale non gli consente di avere accesso al reddito di cittadinanza.
A Foggia vive Gaetano con sua moglie Giulia e la figlia Valeria, maturanda di 19 anni, operata di tumore allo stomaco che per via di una particolare allergia ai farmaci deve assumere un integratore non prescrivibile. Gaetano. ha lavorato a nero pulendo le scale nei condomini, finché non è stato mandato via senza nemmeno ricevere l’intera somma che gli spettava. Giulia, invece, ha lavorato come badante finché non è deceduta la signora che accudiva. Per via di un patrimonio mobiliare leggermente superiore ai requisiti, questa famiglia non ha potuto percepire il Reddito di Cittadinanza. La loro speranza per l’accesso alle cure e ad una vita appena dignitosa era il Reddito di Emergenza. E adesso?
Federica ha 29 anni, vive a Lecce, dove lavorava come guida turistica per gli studenti provenienti dagli Stati Uniti. Federica è una lavoratrice “somministrata”, veniva chiamata a fare la guida solo in alcune occasioni. Con lo scoppio della pandemia e l’interruzione del turismo Federica è rimasta senza lavoro e senza possibilità di accedere ad alcun ammortizzatore sociale.