Le elezioni amministrative d’autunno saranno un appuntamento importante per popolare le Istituzioni locali di persone attente alle comunità e ai loro bisogni, capaci di ascoltare e lavorare insieme alle organizzazioni di cittadinanza attiva. Sono quelle che vogliamo sostenere con la campagna promossa con Ti Candido
Quanto è importante per la società organizzata avere nelle istituzioni orecchie ricettive che possano spendersi per “cambiare il sistema”? Lo abbiamo chiesto a Marco De Ponte, segretario Generale di ActionAid e membro del Coordinamento del Forum Disuguaglianze e Diversità.
“Vedo in giro molta paura del rapporto con la politica. Una paura che non dovrebbe esserci, perché le istituzioni dovrebbero essere il luogo del servizio, in cui i cittadini, in via primaria ancora prima che nelle associazioni, potrebbero aver voglia di mettere a disposizione le proprie competenze. Popolare le istituzioni di gente in gamba permette di trasformare le istituzioni stesse, le loro modalità operative, la loro visione di lungo periodo. Le istituzioni sono di fatto il risultato di chi si candida per portarne avanti il lavoro. Per questo penso sia necessario ripopolare le istituzioni di quel desiderio di cambiamento e dei saperi che nella società civile si coltivano, cambiando così il modo di operare di un comune, di una regione affinchè sia aperto, trasparente, capace di costruire un dialogo arricchente con la cittadinanza. Perché le istituzioni siano la casa dei cittadini, dove si fanno scelte condivise. Rappresentare una coalizione civica significa essere in grado di parlare con la propria gente, di portare le istanze del proprio popolo nei luoghi in cui le decisioni si prendono. Queste sono le persone che cerchiamo con la campagna promossa con Ti Candido”.
Del rapporto tra istituzioni, organizzazioni di cittadinanza attiva e cittadini abbiamo chiesto anche a Tiziana Ciampolini, Ceo di S-Nodi, membro dell’Assemblea Popolare di Torino e dell’Assemblea del ForumDD.
“Sento che c’è una sorta di ragione collettiva che sta cercando di ritrovare la via di casa, che è il rapporto tra politica e comunità. Questa volta lo sento più delle altre volte. Abbiamo passato stagioni politiche molto diverse e sento che i cittadini si sentano orfani della politica, e la politica tradizionale stia facendo politica senza cittadini. Le persone hanno bisogno di chi con coraggio sappia spendersi e ascoltare le istanze che vengono dalla cittadinanza, di persone che non abbiano la risposta su tutto, che abbiano anche dei dubbi, ma soprattutto che abbiano la capacità di aggregare. Vedo un forte bisogno di vedersi governati da persone di valore, competenti, corrette e onorabili. Una parola antica che ho sentito usare e la uso anche io. Un mix di competenze e qualità personali, cose molto concrete, strategie connettive per affrontare problemi radicali e radicati nei territori. Mi sembra che le persone siano insensibili alle tattiche politiche perché ne abbiamo passate tante di stagioni e abbiamo un ricordo sempre più debole della buona politica, che pure nel nostro paese è stata protagonista. Di questa politica c’è desiderio e c’è bisogno. Una politica sana, appassionata e competente.
La pandemia ha accelerato questa idea della coalizione di scopo, non strumentale, ha fatto emergere nuove reti, dai tratti non consueti, che coagulano le sfide sociali ed economiche, sfide significative e trasformative, e che hanno la capacità di rilanciare nuovi soggetti che si fanno attori di queste proposte anche se non hanno mai indossato l’abito tradizionale della politica o l’abito della politica tradizionale. Persone e gruppi in grado di dilatare il proprio ruolo e la propria influenza, che sappiano condividere missioni comuni e aprirsi a interlocuzioni ambiziose. Il tempo che stiamo vivendo è un tempo che può essere affrontato solo con la postura collaborativa e con la coscienza dell’interdipendenza. Servono coalizioni di scopo ma anche di luogo, che sappiano uscire allo scoperto, fuori dalle rappresentanze tradizionali, per far emergere quelle istanze che per le comunità sono davvero radicali. Uscire dalle righe per costruire delle nuove righe, nuovi binari di azione”.