Linnea Nelli, Andrea Roventini, Maria Enrica Virgillito hanno elaborato e scritto il policy study “Policy challenges and policy actions for a just climate transition. Five european plans in comparison”, commissionato dalla Foundation for European Progressive Studies (FEPS), nell’ambito del progetto Recovery Watch di cui fa parte anche il Forum Disuguaglianze e Diversità. Lo studio è stato presentato durante il seminario “Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza: valutare per migliorare”
Gli effetti dell’occupazione sulla transizione verso la neutralità climatica variano da paese a paese e differiscono anche a seconda del settore e del territorio. Certo, tale transizione potrebbe accentuare le disparità ambientali, di reddito e di genere qualora non siano affrontate mediante equi percorsi politici. Nel presente studio, vengono messi a confronto i piani nazionali di ripresa e resilienza (PNRR) di Germania, Slovacchia, Spagna, Italia e Svezia con particolare attenzione alla transizione giusta. La valutazione dei piani è stata effettuata mediante una prospettiva geografica settoriale e territorializzata.
In termini di eterogeneità settoriale, laddove il settore energetico dovrebbe creare occupazione, l’industria automobilistica probabilmente taglierà posti di lavoro a causa delle perturbazioni della catena di valore derivanti dallo spostamento della produzione verso i motori elettrici. Sebbene la fabbricazione di batterie dovrebbe assorbire parte degli esuberi del settore automobilistico, il rapporto di ridistribuzione dei lavoratori non è 1:1 e varia di paese in paese per via di strategie industriali e capacità produttive diverse.
In termini di eterogeneità a livello di paese, gli investimenti nella produzione di veicoli elettrici e batterie sono attualmente localizzati nei paesi produttivi dell’Europa centrale. I paesi produttivi periferici importeranno le batterie, pregiudicando nuove opportunità di lavoro per i lavoratori che sono stati licenziati.
In termini di asimmetrie territoriali, le “zone di sacrificio”, dove si trovano le industrie inquinanti e le comunità locali sono solite accettare il compromesso lavoro- salute, rischiano di restare indietro qualora non siano convertite. Lo spopolamento, la disoccupazione e la disparità di reddito coesistono con i danni all’ambiente e alla salute.
Infine, in termini di asimmetrie di genere, le donne sono ex ante escluse dalle opportunità lavorative nei settori che si avvantaggeranno della transizione climatica (settore edilizio ed energia) anche a causa della segregazione occupazionale in attività basate sui servizi e della scarsa rappresentanza femminile nei settori STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica).
Considerate tali sfide strategiche, i risultati attesi nei diversi paesi oggetto di questo studio sono eterogenei così come sono molto diverse le azioni politiche adottate dai paesi membri UE per realizzare una transizione giusta. I principali punti di forza dei piani dei singoli paesi sono:
- in Germania, l’intervento del governo nella crisi dell’industria automobilistica;
- in Spagna, gli investimenti per scongiurare il rischio di spopolamento e l’aumento di disoccupazione, disparità di genere e di reddito nelle zone di sacrificio;
- in Italia, gli investimenti nella conversione di alcuni impianti industriali dismessi, in particolare per la produzione e la fornitura di idrogeno verde;
- in Svezia, l’individuazione delle zone di sacrificio disposte a cooperare con il Fondo per una transizione giusta in tali regioni, il che comporta riforme per far fronte alla disparità di genere nella transizione verso la neutralità climatica; e
- in Slovacchia, gli interventi per rispondere direttamente alla necessità di convertire determinate zone di sacrificio, eliminando gradualmente le attività di estrazione del carbone.
Nel complesso, i PNRR più efficaci vengono sviluppati in quei paesi che hanno già attuato politiche industriali e di mitigazione/adattamento preesistenti al di fuori del quadro per la ripresa.
Raccomandazioni strategiche
Si raccomanda un quadro strategico comune in grado di sostenere le capacità industriali europee in termini di investimenti per l’innovazione, ricerca e sviluppo e formazione della forza lavoro, nei settori di cui si prevede la crescita. In particolare: (1) la catena di approvvigionamento della fabbricazione di batterie che comprende non solo la produzione ma anche il riciclaggio e la gestione dei rifiuti; (2) la mobilità pubblica sostenibile e (3) l’infrastruttura energetica e il relativo approvvigionamento.
Il Green Deal è un quadro strategico che già si muove in tale direzione e comprende iniziative come l’Alleanza europea delle batterie[i] e il piano d’azione per l’economia circolare. Comunque si raccomanda l’istituzione di una Agenzia pubblica europea per la politica industriale dedicata, in grado di coordinare le iniziative previste dalla strategia industriale europea[ii] al di là del coinvolgimento delle parti interessate. All’Agenzia pubblica europea per la politica industriale dovrebbe spettare il compito di tradurre gli orientamenti in azioni concrete a livello di Stati membri, rafforzare l’efficacia e la coesione delle politiche; dovrebbe altresì essere guidata dai principi di una transizione giusta.
Si raccomanda quanto segue:
- La territorializzazione delle politiche, al fine di combattere le disparità nelle zone di sacrificio.
- La formulazione di politiche concernenti il mercato del lavoro, quali il miglioramento del livello delle competenze e la riqualificazione professionale della forza lavoro a rischio di licenziamento, che garantiscano la stabilità dell’occupazione e del reddito.
- L’eliminazione delle barriere di genere per le donne attraverso politiche industriali verdi che creino posti di lavoro dignitosi, al fine di ribaltare la situazione di segregazione occupazionale di genere e incrementare la rappresentanza femminile nelle materie STEM.