Monica Buonanno, Ex Assessora del Comune di Napoli racconta il senso del suo libro “Scampia ammaina la Vela. Siamo solo sognatori abusivi” in uscita il 19 ottobre
“Se è vero che anche la memoria è una forma di lotta, è sempre più necessario nella nostra epoca raccontare quanto accade, raccontare affinché non vada perso ciò che di positivo è stato fatto, quali gli errori, quali gli spazi da riempire e da rivedere”. Inizia con queste parole il mio lavoro “Scampia ammaina la Vela. Siamo solo sognatori abusivi” – edito da De Nigris Editore, disponibile on line e in uscita in libreria il prossimo 19 ottobre – il racconto che prende spunto dall’abbattimento della Vela verde di Scampia e che ripercorre la lotta del popolo di quartiere e del Comitato che lo rappresenta. Una lotta che ho avuto l’onore di vivere negli anni più difficili, ma anche più emozionanti, da Amministratore pubblico e, quindi, anche con una responsabilità che ho dovuto e voluto coniugare con un forte impegno sociale e politico.
Il libro accompagna il lettore nella storia delle Vele e di cosa abbiano significato per il quartiere stesso, per la città e per il Paese. Ho voluto fortemente ricordare non solo l’abbattimento della Vela verde, la cui attesa durava da oltre venti anni, ma il suo valore altamente simbolico a valle di una narrazione mediatica che di certo non ha restituito né verità né dignità a Scampia.
L’impegno di scrittura è stato a più livelli e a più dimensioni: sicuramente un racconto per ricordare, per non dimenticare, perché il rischio in situazioni simili è che si dimentichi il percorso, e quindi lo sforzo, politico e amministrativo per arrivare a cogliere quello specifico obiettivo. Abbattere la Vela verde ha significato un coraggio amministrativo di non poco conto non solo da parte mia in quanto Assessore con delega al diritto all’abitare ma della dirigente e dei funzionari, con specifiche responsabilità. E questo non va dimenticato. Poi, un racconto per dire che un altro modo di fare politica c’è: direttamente ascoltando e agendo con chi la politica purtroppo ordinariamente la subisce e non la agisce. Il Comitato Vele di Scampia è stato protagonista insieme a me e all’Amministrazione comunale di Napoli dell’intero processo di rigenerazione sociale e urbana del quartiere, scandendo bene il ritmo delle necessità, definendo congiuntamente i risultati attesi e i tempi. E, ancora, ho inteso evidenziare con forza e tenacia il concetto di prossimità e di circolarità dei diritti e delle politiche. Avendo deleghe tra loro connesse (lavoro, formazione, sviluppo locale, politiche sociali, anagrafe, diritto all’abitare, risorse strategiche, reti di partenariato) ho potuto dimostrare applicandolo al contesto di rigenerazione sociale e urbana di Scampia ciò che da tempo approfondivo a livello accademico: le politiche tra loro vanno integrate e non segmentate e per questo nel libro scrivo che “Ho sempre visto nella segmentazione delle politiche una vera segmentazione dei diritti, una minacciosa lama che divide le persone tra lavoratori e disoccupati, ricchi e poveri, abitanti dei centri urbani e abitanti dei piccoli borghi, donne e uomini, disabili, immigrati, giovani e adulti. Sono sempre più convinta, alla luce dell’esperienza professionale e politica, dell’urgenza di una visione politica integrata, che porti con sé il superamento della logica dell’“identità segmentata” delle persone e le riconosca, al contrario, come destinatarie di servizi, misure e policy in grado di porre argini alle diverse tipologie di povertà e ricostruire l’identità di un luogo attraverso coloro che lo abitano”.

Di certo il processo è avviato, sebbene non ancora completato. Là dove sorgeva una delle Vele abbattute negli anni Novanta ora sorge il Dipartimento di Scienze Infermieristiche della Federico II, inimmaginabile fino a pochi anni fa che la ricerca, l’accademia si spostassero a Scampia; sono stati realizzati asili, scuole, una villetta comunale e soprattutto sono stati assegnati negli anni oltre 800 alloggi popolari, restituendo ad altrettante famiglie quella dignità che una casa riesce a dare. Uno dei punti cruciali (e forse quello di cui sono più fiera) è stata l’applicazione della clausola sociale: nulla di particolarmente innovativo, solo l’applicazione dell’articolo 3 comma 1 lettera qqq) del Codice degli Appalti che definisce una premialità alle imprese che si aggiudicano un appalto e impiegano lavoratori particolarmente svantaggiati. L’impresa che ha vinto l’appalto per l’abbattimento della Vela verde ha contrattualizzato cinque lavoratori molto svantaggiati di Scampia, dando un senso rivoluzionario alla norma stessa: persone che in quella vela avevano visto e vissuto il male con le loro stesse mani attraverso un contratto di lavoro “vero” stavano distruggendo il male stesso. Trovo questa iconografia di una bellezza inesauribile.
Ho indicato e allegato, con cura, gli atti che l’Amministrazione comunale di Napoli ha dovuto adottare per agevolare il procedimento: dal reperimento delle risorse finanziarie all’abbattimento della vela affinché Scampia possa diventare un esempio replicabile in altri contesti territoriali, così come Sabina De Luca nella significativa prefazione auspica, così come ho voluto dedicare un paragrafo all’alleanza del Forum Disuguaglianze e Diversità con l’Amministrazione comunale di Napoli sui temi del diritto all’abitare e dei beni comuni.
Ho voluto, infine, d’accordo con Sabina De Luca e con il Comitato Vele, rinforzare i progetti sociali del cantiere 167 di Scampia con parte del ricavato del libro, a segno della mia gratitudine nei loro confronti, perché attraverso loro ho imparato a conoscere meglio Scampia, ad amarne il popolo e a voler fare altro per loro, al di là dell’incarico politico. E ho utilizzato la penna come “arma”.
Un racconto popolare, come l’ho voluto definire, ma soprattutto un racconto che ci ricorda che siamo sognatori abusivi, tutti noi, in qualsiasi contesto ci troviamo, perché vale sempre la pena “salire sui tetti delle vele di Scampia e vedere il mare”.