I contributi
L’opinione del Forum
Mentre all’interno dell’Occidente le diseguaglianze crescevano, per la prima volta, almeno dall’800, la diseguaglianza complessiva di reddito del mondo (fra le persone, misurata dall’indice di Gini, sulla base di 600 indagini nazionali relative a 120 paesi, più del 90% della popolazione mondiale) si è ridotta al di sotto del picco storico raggiunto fra anni ’70 e ’90 (Cfr Branko Milanovic, Global Inequality. A new Approach for the Age of Globalization, The Belknap Press, 2016, p. 119; disponibile in italiano come Ingiustizia globale – Migrazioni, disuguaglianze e il futuro della classe media, LUISS University Press, 2017). Questo fenomeno è dovuto in larga misura al fatto che, anche in presenza di condizioni concorrenziali e di un’accresciuta libertà di circolazione, Cina e India sono tornate, con una veloce industrializzazione, sulla frontiera dello sviluppo.
Ciò ha dato impulso all’uscita dalla povertà di centinaia di milioni di persone e alla formazione di un nuovo ceto medio, vasto oggi come quello dell’Occidente. In termini di crescita del reddito, fra il 1988 e il 2008, questa fascia della popolazione mondiale (che si trova al centro della distribuzione mondiale del reddito, fra il settimo e quattordicesimo ventile ed è concentrata in Asia) ha avuto gli incrementi percentuali massimi, proprio mentre il ceto medio (o medio-basso) dell’Occidente (che si trova nella parte alta della distribuzione del reddito mondiale, fra il quindicesimo e il diciannovesimo ventile ed è concentrato per ¾ in Europa-USA-Giappone-Australia) aveva incrementi percentuali minimi o nulli. Questa diversa dinamica dà luogo alla gobba alta e alla proboscide declinante dell’”elefante”, il grafico con cui la ricostruzione statistica di Milanovic è uscita dalle stanze chiuse dell’accademia. Il fenomeno si è rafforzato con l’avvio della crisi.
Crescita % dei redditi reali pro-capite secondo il livello di reddito, 1988-2008
Fonte: Branko Milanovic, Ingiustizia globale – Migrazioni, disuguaglianze e il futuro della classe media. LUISS University Press, 2017.
Ma questa descrizione coglie solo una parte di ciò che è avvenuto. In primo luogo, la disuguaglianza (di reddito e ricchezza) fra nazioni (il “premio di cittadinanza”, come lo definisce Milanovic) resta la principale componente della disuguaglianza mondiale. Inoltre, gli studiosi delle dinamiche differenziate di industrializzazione all’interno de campo non-occidentale, suggeriscono che nuove faglie si apriranno fra i paesi in relazione a due fattori: la diversa capacità, nella fase di crescita tirata dalle esportazioni, di non restare confinati in settori limitati e “sottili” e di allargare invece la matrice di offerta; la diversa capacità di passare rapidamente da una crescita tirata dalle esportazioni (esposte alla volatilità del quadro internazionale) a una tirata dalla domanda interna, come ha fatto la Cina (con un calo fra il 2006 e il 2016 della quota di esportazioni sul PIL da 35 a 15%) (cfr. ad esempio, Livio Romano, Fabrizio Traù, The nature of Industrial Development and the Speed of Structural Change, in “Structural Change and Economic Dynamics, n.42, 2017) .
In secondo luogo, mentre la distribuzione del reddito mondiale si appiattiva nella parte centrale, si ampliava ai suoi estremi: la coda discendente dell’elefante, la punta a risalire della sua proboscide. Ricchi sempre più ricchi; poveri sempre più poveri:
- Le persone nel primo centile (top 1%) della distribuzione del redditohanno visto crescere percentualmente il proprio reddito quanto i più fortunati del nuovo ceto medio asiatico, e poiché partivano da livelli straordinariamente più elevati, questo è bastato loro per acquisire, fra 1988 e 2008, ben 1/5 dell’intero incremento del reddito mondiale. (Il complesso del 5% più affluente della popolazione mondiale ha acquisito nello stesso periodo oltre 1/3 di tale incremento). Sempre a livello mondiale, l’1% più ricco della popolazione mondiale ha visto crescere in misura assai elevata la propria quota di ricchezza privata, arrivando a controllare quasi la metà di quest’ultima. Il fenomeno ha riguardato sia l’Occidente, sia i paesi non occidentali. Secondo le stime di Milanovic, la ricchezza degli iper-ricchi (oltre due miliardi di dollari di ricchezza netta) è raddoppiata in termini di reddito mondiale fra il 1987 e il 2013. In Asia il numero dei miliardari è in costante crescita (da 520 a 637, solo fra il 2016 e il 2017, secondo l’ultimo report di UBS e PWC, Billionairs 2017)
- All’estremo opposto della distribuzione, sta la stazionarietà assoluta e il peggioramento relativo delle condizioni della parte più povera della popolazione mondiale. Grandi masse di persone (circa 800 milioni) vivono al di sotto della soglia mondiale di povertà (l’equivalente di 1,90$ negli USA) e un numero ancora più elevato (900 milioni) vive appena al di sopra di questa soglia, (con un reddito compreso tra l’equivalente di 1,90$ e 3,20$ negli USA) (cfr. Oxfam, Ricompensare il lavoro, non la ricchezza, 2018). Neanche il lavoro riesce a garantire condizioni di vita dignitose; secondo l’ILO (ILO, World Employment and Social Outlook, 2017) sono 1,4 miliardi le persone che lavorano ma vivono in condizioni di povertà o vulnerabilità, e nella maggior parte dei casi si tratta di donne e giovani. Nella stessa Asia, dove si è concentrata l’emersione di un nuovo ceto medio, è stimato in oltre un miliardo il numero di persone in condizioni di lavoro precario o vulnerabile. In molti casi, il lavoro è ancora pericoloso e nocivo per la salute; ogni anno muoiono quasi 3 milioni di persone a causa di incidenti sul lavoro o per patologie ad essi riconducibili (cfr. Oxfam, Ricompensare il lavoro, non la ricchezza, 2018). Inoltre, nello stesso periodo, un’intera parte del mondo, il continente africano, ha visto in larga misura immutata o addirittura peggiorata la propria situazione, con conseguenti disastri umani e la creazione di condizioni per le massicce migrazioni in atto.
Non meno rilevante è la terza qualificazione. La disuguaglianza interna alle nazioni si sta ampliando, non solo in Occidente, ma anche nei paesi in cui il reddito medio si è avvicinato a quello medio mondiale. Questa polarizzazione interna a tutti i paesi ha una forte dimensione territoriale, megalopoli vs. aree rurali (in Asia il 70% dei poveri è concentrato in aree rurali) e periferie vs. centri urbani. Questa polarizzazione interna ai paesi emergenti contribuisce alla polarizzazione mondiale fra i ricchi e i poveri.
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