L’Italia, con quasi 7 milioni di studenti delle scuole primarie e secondarie confinati a casa, è stato uno dei primi Paesi a chiudere le scuole e probabilmente sarà uno degli ultimi a riaprirle. Questo è particolarmente preoccupante se si considera la situazione critica che già caratterizza il panorama educativo italiano. È un fatto ormai generalmente accettato che la crisi generata dalla pandemia di Covid-19 sta avendo un notevole impatto sui contesti sociali più fragili esacerbando la situazione e intensificando le disparità esistenti
L’Italia, con quasi 7 milioni di studenti delle scuole primarie e secondarie confinati a casa, è stato uno dei primi Paesi a chiudere le scuole e probabilmente sarà uno degli ultimi a riaprirle. Questo è particolarmente preoccupante se si considera la situazione critica che già caratterizza il panorama educativo italiano. Secondo le ultime stime disponibili, tra il 2017 e il 2018 la percentuale di giovani che hanno abbandonato prematuramente la scuola è aumentata dal 14 al 14,5%, interrompendo così un trend decennale di lenta convergenza verso i più bassi valori medi europei (ASviS, 2019). I risultati relativi alle prove di valutazione delle competenze su scala nazionale (INVALSI) mostrano che i divari territoriali si stanno allargando, come confermato anche dai risultati dell’ultima indagine OCSE-PISA 2018 che indicano inoltre come le prestazioni degli studenti italiani non solo stiano peggiorando ma siano anche inferiori alla media OCSE. È un fatto ormai generalmente accettato che la crisi generata dalla pandemia di Covid-19 sta avendo un notevole impatto sui contesti sociali più fragili esacerbando la situazione e intensificando le disparità esistenti. Se da un lato si sono compiuti notevoli sforzi per assicurare il miglior adattamento possibile all’insegnamento a distanza, dall’altro permangono sfide che andrebbero tempestivamente affrontate. Il presente contributo prende pertanto in esame alcune tematiche di notevole rilevanza, in particolare:
- le implicazioni per il ruolo degli insegnanti
- la sfida – opportunità di ripensare il modello scolastico
- la questione dell’equità
- l’importanza di una governance pubblica efficace
I docenti oggi sono molto apprezzati sebbene gli investimenti nella loro professione rimangano insufficienti
La chiusura delle scuole ha portato a un’accelerazione senza precedenti, benché necessaria, nell’adozione di soluzioni di didattica a distanza. Come si ricorda in un post recentemente pubblicato su UNESCO GEM Report, l’introduzione delle tecnologie informatiche nel sistema educativo italiano è iniziata nel primo decennio di questo secolo ed è proseguita con il Piano Nazionale per la Scuola Digitale del 2015. Ciò nonostante, prima dell’inizio della pandemia di Covid-19, solo il 20% dei docenti aveva seguito dei corsi di formazione di alfabetizzazione digitale (Pasta, 2020). Secondo un recente rapporto OCSE, anche quando i docenti hanno a disposizione risorse professionali sull’utilizzo di dispositivi digitali, essi non dispongono né delle competenze tecniche e pedagogiche necessarie per integrare tali dispositivi nell’insegnamento, né del tempo necessario per preparare lezioni che ne prevedano l’utilizzo.
Fonte: I docenti hanno le competenze tecniche e pedagogiche necessarie per integrare dispositivi digitali nell’insegnamento. Percentuale di studenti nelle scuole in cui il dirigente scolastico si è detto d’accordo o pienamente d’accordo sul fatto che gli insegnanti avessero le necessarie competenze tecniche e pedagogiche per integrare dispositivi digitali nell’insegnamento, PISA 2018. OCSE. (2020). Learning remotely when schools close: How well are students and schools prepared? Insights from PISA. Tackling Coronavirus (COVID-19) contributing to a global effort. Parigi, OCSE, p. 7.
Nonostante questo scenario critico, sono innegabili, nonché ampiamente riconosciuti dalle autorità pubbliche e della società in tutto il Paese, i grandi sforzi compiuti dagli insegnanti per adattarsi all’uso di dispositivi digitali al fine di superare questa difficile situazione. Tuttavia, se da un lato molti insegnanti e dirigenti scolastici hanno potuto ricevere aiuto concreto nell’insegnamento a distanza grazie anche al sostegno offerto dall’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa (INDIRE), la formazione che hanno ricevuto per affrontare l’attuale situazione emergenziale non è stata uniforme. Inoltre, i docenti che non hanno frequentato corsi di formazione universitaria sull’utilizzo delle nuove tecnologie nell’insegnamento potrebbero essere meno propensi a privilegiare l’insegnamento online. Sarebbe necessario pertanto adottare misure adeguate per fornire a tutti i docenti le competenze necessarie ad affrontare la trasformazione digitale della scuola, che ha subìto un’accelerazione a causa di questa emergenza, ma le cui implicazioni pedagogiche devono ancora essere approfondite e debitamente affrontate.
L’insegnamento a distanza ha reso impellente la necessità di ripensare il modello di scuola e la sua organizzazione
Nonostante i molti timori circa la possibilità che la tecnologia possa sostituire i docenti, questa emergenza ha mostrato che i dispositivi digitali sono semplicemente degli strumenti che evolvono di pari passo con la storia senza però rimettere in discussione i fondamenti del processo di apprendimento basato innanzitutto su relazioni umane e sociali. Infatti, essere a scuola vuol dire anche vivere insieme, essere connessi gli uni agli altri in una comunità di apprendimento. Come discusso anche durante il primo webinar UNESCO sulla risposta educativa al Covid-19, questa situazione forzata ha mostrato con chiarezza che l’apprendimento va oltre i confini dell’aula, invitandoci a ripensare cosa sia una comunità di apprendimento e il modo in cui si creano le relazioni e la conoscenza.
Così come si sta cercando di garantire che la scuola non si fermi grazie all’insegnamento a distanza, è altresì importante non perdere questa occasione per avviare una riflessione approfondita su come ripensare gli obiettivi e le pratiche pedagogiche. La mera trasposizione delle pratiche di insegnamento adottate in classe all’insegnamento online non è sufficiente ad assicurare l’innovazione digitale. L’uso di dispositivi online può intensificare alcune importanti limitazioni strutturali radicate nel sistema educativo italiano, come la non-interattività dell’insegnamento e la preponderanza della valutazione sommativa a discapito di quella formativa. L’insegnamento, inoltre, non è generalmente pensato per rispondere alle esigenze specifiche dei singoli studenti, dato che solo due insegnanti su dieci propongono attività differenziate per i propri alunni (Ferrer, 2016[1]; Mincu, 2012[2]). Questo periodo critico può offrire l’opportunità di innovare il modello scuola che sembra essere inefficiente e obsoleto.
Uguaglianza a rischio
L’accelerazione tecnologica che ha inevitabilmente accompagnato l’introduzione di soluzioni per l’apprendimento a distanza potrebbe comportare un aggravamento delle disuguaglianze educative e sociali. L’Istituto Nazionale di Statistica ha recentemente dimostrato che circa un terzo delle famiglie italiane non ha accesso a un tablet o a un computer a casa, un dato che peggiora per le famiglie che vivono nell’Italia meridionale. Il Ministero della Pubblica Istruzione ha finora stanziato circa 70 milioni di euro per l’acquisto di dispositivi digitali per la scuola a beneficio degli studenti meno abbienti e, in collaborazione con la RAI, ha lanciato una serie di programmi didattici rivolti agli studenti delle scuole primarie e secondarie come misura per compensare la mancanza di disponibilità di dispositivi digitali.
La situazione è particolarmente difficile per gli studenti con disabilità e le loro famiglie poiché il sostegno di educatori e servizi sociali su cui generalmente contano è scarsamente disponibile in questo momento. È inoltre sempre più evidente che i bambini che vivono in famiglie con un maggiore livello di istruzione sono meglio attrezzati per far fronte all’apprendimento a distanza rispetto ai loro compagni provenienti da famiglie meno istruite. Se consideriamo che il livello medio delle competenze degli adulti in Italia è piuttosto basso (OCSE, 2019), è evidente come molti genitori potrebbero non avere le competenze adeguate per garantire ai propri figli il sostegno educativo di cui necessiterebbero.
OCSE. (2019). Skills Matter: Further Results from the Survey of Adult Skills. OECD Skills Studies. Parigi, OCSE, p. 89.
Per di più questa situazione ha generato nuove disparità relativamente alle relazioni centro-periferia, soprattutto per quanto riguarda il benessere degli studenti. Si stima infatti che più di 4 bambini su 10 vivano in condizioni di sovraffollamento abitativo. Inoltre, la situazione nelle periferie rimane molto critica a causa della concentrazione di famiglie vulnerabili che vivono in condizioni precarie.
Una governance pubblica più forte
Come ricordano Armand Doucet e colleghi nella relazione scritta per Education International, all’inizio di un’emergenza è necessario garantire la sicurezza e la protezione non solo degli studenti, ma anche dei loro genitori e insegnanti. Questo approccio si riassume bene nel detto “Maslow below Bloom” che significa “la sicurezza e la sopravvivenza vengono prima dell’educazione formale”. L’insegnamento e l’apprendimento sono importanti, ma l’organizzazione dell’insegnamento a distanza deve prendere in considerazione la situazione, critica e complessa, che sia gli studenti sia gli insegnanti si trovano ad affrontare. Bisogna assicurare la cooperazione tra i diversi settori della società al fine di garantire che i bisogni primari siano soddisfatti. La chiusura delle scuole può comportare l’impossibilità da parte degli studenti di accedere a servizi sociali e sanitari fondamentali, e questo è un problema di cui la società nel suo insieme si deve far carico.
Un recente articolo pubblicato da un gruppo di medici italiani dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo suggerisce che “i sistemi sanitari occidentali sono stati costruiti intorno al concetto di cura incentrata sul paziente, ma un’epidemia richiede un cambio di prospettiva verso il concetto di cura incentrata sulla comunità.” Gli autori sostengono che “si può scongiurare un simile disastro solo mediante un massiccio dispiegamento di servizi di prossimità. È necessario trovare soluzioni in risposta alla pandemia per tutta la popolazione, non solo per gli ospedali”. Analogamente, le scuole non possono rappresentare l’unico presidio educativo. La responsabilità dell’educazione appartiene all’intera comunità – dagli insegnanti ai dirigenti scolastici, agli educatori, passando per gli educatori e gli assistenti sociali, ma anche le università, i centri di formazione e i luoghi culturali – e tutti i soggetti coinvolti dovrebbero essere messi in condizione di poter contribuire a questo impegno comune (Locatelli, 2019; UNESCO, 2015).
Un’efficace governance pubblica è però essenziale affinché ciò possa realizzarsi sia durante la fase emergenziale sia in una prospettiva a lungo termine. Programmazione e linee guida chiare, nonché una leadership e una visione forti, sono elementi chiave per superare la situazione di emergenza e per creare le condizioni che favoriscano soluzioni sostenibili a lungo termine. Nelle fasi iniziali dell’emergenza, il Ministero della Pubblica Istruzione ha reagito prontamente tramite la creazione di un apposito sito internet contenente risorse e strumenti utili per facilitare l’apprendimento a distanza. Mancano, tuttavia, indicazioni chiare nella forma di politiche scolastiche riguardo all’organizzazione dell’insegnamento a distanza e sembrano inoltre ancora insufficienti i finanziamenti per affrontare l’attuale situazione di emergenza e facilitare l’adattamento a ciò che accadrà in futuro.
In conclusione
Un’azione congiunta tra i diversi ministeri e i vari settori della società si rende necessaria, oltre che auspicabile. Il prolungamento dell’apprendimento a distanza potrebbe creare difficoltà ancora maggiori per quelle famiglie in cui i genitori, che devono tornare al lavoro, non possono permettersi di pagare qualcuno che si occupi dei loro figli, i quali, invece, devono rimanere a casa a causa della chiusura delle scuole. Questo porterebbe a un inasprimento delle disuguaglianze tra coloro che possono meglio fronteggiare una situazione di emergenza e coloro che invece non possono farlo.
Se la pubblica istruzione deve essere un baluardo contro le disuguaglianze è necessario mettere in campo tempestivamente delle misure efficaci per garantire una maggiore uguaglianza nell’attuale situazione di emergenza nonché una programmazione solida e sostenibile per la riapertura delle scuole e l’innovazione pedagogica a lungo termine. Il Ministero della Pubblica Istruzione ha recentemente istituito un Comitato di Esperti per fornire consulenza al Ministero sulle possibili innovazioni delle scuole italiane nel contesto di questa crisi e oltre. Ciò si può realizzare solo attraverso l’attuazione di un insieme di politiche pubbliche coerenti che dovrebbero riflettere un approccio di sistema in grado di affrontare questioni complesse.
[1] Ferrer-Esteban, G. (2016). Deconstructing the [Italian] black-box. Gli approcci didattici degli insegnanti italiani e le performance degli studenti. Torino, Fondazione Giovanni Agnelli.
[2] Mincu, M. (2012). Mapping meanings of personalisation. In: Mincu, M. (Ed). Personalising education: theories, politics and cultural contexts. Rotterdam/Boston/Tai Pei: Sense Publishers.
*Rita Locatelli è assegnista di ricerca presso la Cattedra UNESCO “Education for Human Development and Solidarity among Peoples” dell’Università Cattolica di Milano. Ha svolto numerosi incarichi in qualità di assistente alla ricerca presso l’Unità “Education, Research and Foresight” all’UNESCO (Parigi), in occasione dei quali ha contribuito alla realizzazione della pubblicazione Rethinking Education: Towards a global common good? (2015). Si occupa di politiche e di governance educativa in relazione allo sviluppo e alla cooperazione internazionale. E-mail: rita.locatelli@unicatt.it.