Una fotografia dei nidi e delle mense dove le famiglie italiane spendono in media 380 euro. Nonostante il calo delle nascite mancano i posti e il cibo nelle mense quasi sempre non è biologico.
Una famiglia media italiana, con un bimbo al nido e un altro alla materna o primaria, spende al mese 380€, precisamente 301€ per la retta dell’asilo e 80€ circa per la mensa.
Questo dato, insieme a molti altri, è contenuto nel dossier di Cittadinanzattiva “Servizi in…Comune. Tariffe e qualità di nidi e mense”, un’indagine che ha riguardato 78 scuole in 12 regioni.
Le tariffe dei nidi restano sostanzialmente stabili rispetto al passato a livello nazionale, ma pesano molto le differenze regionali e fra i singoli capoluoghi di provincia. I servizi al Sud, dove i costi per le famiglie sono minori, non riescono a soddisfare tutte le richieste.
E’ di 301€ la tariffa nido media mensile 2017/18. Il Molise è la regione più economica (167€), il Trentino Alto Adige la più costosa (472€). Fra i capoluoghi di provincia, Catanzaro e Agrigento le più economiche (100€), Lecco la più costosa (515€). Gli aumenti più rilevanti negli ultimi tre anni sono stati registrati a Chieti (50,2%), Roma (33,4%), Venezia (24,9%). Va però tenuto conto del fatto che al sud solo nel 3% dei casi la retta comprende tutto (oltre ai pasti anche pannolini e altre spese), mentre la stessa percentuale sale al 25% negli asili del Centro e al 40% in quelli del Nord.
Per la mensa dell’infanzia, la regione più costosa è l’Emilia Romagna, la più economica la Sardegna. Spicca l’aumento registrato in Umbria (+24,1%) e Calabria (+20,7%). Nella primaria, la mensa costa di più di nuovo in Emilia Romagna, e di meno in Umbria. Anche qui gli incrementi più rilevanti si registrano in Calabria (+17,6%) e Sicilia (12,2%).
Aumentano le liste di attesa nonostante il numero di domande presentate si sia ridotto. Particolarmente negativo il dato comparato al Centro Italia, dove, a fronte di una riduzione delle domande del 20,9%, è corrisposto un aumento delle liste di attesa dal 24% al 45%.
Nel corso del 2016, su 30mila donne (dati Ispettorato nazionale del Lavoro) che hanno dato le dimissioni dal posto di lavoro, ben una su cinque l’ha fatto per mancato accoglimento dei figli al nido pubblico, quasi una su quattro per incompatibilità fra lavoro e assistenza al bimbo, il 5% per i costi troppo elevati per l’assistenza al neonato.
Le mense non brillano in quanto a stato manutentivo e di sicurezza: distacchi di intonaco e altri segni di fatiscenza come umidità, infiltrazioni di acqua. Barriere agli ingressi, pavimenti irregolari, assenza di porte anti-panico.
Non passa inosservato che in una scuola su dieci manchi del tutto il locale mensa e i pasti vengano serviti in corridoi o aule.
Il cibo a detta di tutti gli intervistati è di buona qualità, anche se poco bio. Ma solo il 13% dice di mangiare tutto a mensa, il 36% di mangiare solo alcuni cibi, in particolare dolci e gelato, pizza, pane, carne e frutta fresca, pasta al sugo. I cibi meno graditi: verdure cotte e crude, minestre di verdure, pesce. Il 63% dei bambini dichiara di mangiare a mensa con piacere, soprattutto perché può stare insieme ai compagni (93%). Fra quelli che non amano mangiare a scuola, il motivo per due bimbi su tre è la monotonia del cibo, per circa la metà la scarsità delle porzioni, per uno su tre la fretta e i modi bruschi del personale addetto.
Nelle Commissioni mensa, solo il 40% dei rappresentanti conosce il Capitolato d’appalto. I rapporti con il Comune sono buoni nel 67% dei casi, quelli con le Aziende erogatrici solo nella metà dei casi. I regolamenti comunali in materia di ristorazione scolastica prevedono una grande variabilità per quanto riguarda il numero, la composizione, le modalità di nomina delle Commissioni Mensa.