Non basta re-distribuire. E’ necessario pre-distribuire

Le politiche redistributive sono politiche di tassazione o di trasferimento/spesa che intervengono ex-post, a valle della formazione della ricchezza e del reddito, per redistribuire redditi o ricchezza. Per politiche pre-distributive si intendono politiche che non intervengano a valle della formazione della ricchezza, bensì sui meccanismi di mercato, nel momento della formazione della ricchezza, o distribuzione primaria. Per intendersi, sono politiche pre-distributive: la regolazione dei mercati; la tutela della concorrenza; la normativa sul governo societario, che modifica gli equilibri di potere e le regole del gioco fra finanziatori e imprenditori, o anche fra lavoro e impresa; la normativa del lavoro, che influenza in svariati modi il potere negoziale del lavoro; i criteri per assegnare fondi di ricerca, che possono influenzare l’indirizzo del cambiamento tecnologico; i criteri e metodi per i bandi degli acquisti pubblici, con lo stesso effetto; la normativa che regola le relazione fra banche e depositanti o clienti in genere; le politiche di sviluppo rivolte ai territori; etc.

 

Le ragioni per cui le politiche re-distributive vanno affiancate e in parte sostituite da politiche pre-distributive sono almeno tre.

 

Prima di tutto, poiché dietro la formazione e l’incremento delle disuguaglianze di reddito, fino alla povertà, e di altre disuguaglianze sta un meccanismo primario di formazione della ricchezza che continuamente riapre i divari di ricchezza e dunque tutte le altre disuguaglianze, è necessario che quel meccanismo venga affrontato. Perché la disuguaglianza di ricchezza influenza tutte le altre disuguaglianze, e perché l’inversione a U delle politiche pubbliche, in larga parte con impatto pre-distributivo, è responsabile delle crescenti disuguaglianze di ricchezza e dunque a correggere queste politiche bisogna volgersi.

 

In secondo luogo, l’inversione a U delle politiche pubbliche ha anche effetti negativi sulla crescita della produttività e sul benessere generale. Ecco dunque che andando alla radice della formazione della ricchezza, e modificando le politiche errate dell’ultimo trentennio è possibile non solo ridurre la matrice delle disuguaglianze, ma anche produrre effetti positivi sulla produttività e sulla crescita sostenibile.

 

La terza ragione riguarda il consenso necessario per raggiungere un compromesso sul cambiamento delle politiche. Ogni azione redistributiva, non misurandosi con il meccanismo che ha prodotto la distribuzione che si vuole modificare, va incontro alle reazioni istintive maturate soprattutto in questo trentennio con il cambiamento di senso comune, che vedono nell’uguaglianza la limitazione di libertà e merito, l’imposizione di gabelle e uno Stato più invasivo. È certo necessario lavorare per cambiare il senso comune e infatti il Forum dedicherà parte della propria attività a costruire consenso e impegno. Ma se il tema delle disuguaglianze viene affrontato a monte, dove esse si formano, è più probabile che si possano mostrare le ingiustizie, che si possa bene affrontare la questione del merito e dunque che si costruisca consenso.

 

In conclusione, la necessità di intervenire nella pre-distribuzione della ricchezza risale allo stesso argomento sulla creazione di capacità e libertà sostanziale che è centrale nel nostro approccio alle diseguaglianze: le capacitazioni in parte sono oggetto dell’azione del welfare state, ma in seguito esse entrano nei meccanismi della creazione di distribuzione primaria della ricchezza. Perciò pre-distribuire controllo e partecipazione alle decisioni che riguardano il processo di formazione e distribuzione fondamentale del valore economico permette di far fluire, piuttosto che ostacolare, il processo che dalla formazione delle capacità da parte del welfare state giunge fino all’equa distribuzione del benessere.

 

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