L’editoriale del secondo numero della newsletter trimestrale “Quale Europa. Cronache per capire, discutere, scegliere” che vi propone articoli, documenti e interviste su una serie di dossier europei fondamentali
A un anno dalle ultime elezioni del Parlamento europeo, stiamo assistendo al venir meno di elementi portanti del progetto europeo. La pace, valore fondamentale per l’Unione europea e obiettivo dei trattati, è uscita dall’orizzonte politico. Di fatto afona di fronte ai massacri di Gaza, suddita nei confronti di Trump, l’Unione parla sempre più il linguaggio della guerra e procede spedita al riarmo, a prescindere dal cambio di nome (da Rearm Europe a Readiness 2030), indifferente ai costi per gli altri settori di spesa nonché ai risparmi che potrebbero derivare dall’eliminazione delle duplicazioni di spese militari e dalla interoperabilità dei diversi sistemi difensivi nazionali. Per la difesa, si invoca una politica industriale europea e si permette agli Stati membri di indebitarsi, si permettono, cioè, politiche che, tranne in rari momenti, sono state e sono tabù. Addirittura, per il programma Safe che, appunto, permette l’indebitamento per la difesa, si è utilizzata la procedura d’urgenza, evitando il confronto con il parlamento europeo. Sulla difesa, inoltre, si piegano programmi pensati per altri fini, quali la coesione sociale, la ricerca e la stessa formazione.
La ricerca della competitività, dal canto suo, aggiunge elementi di sgretolamento del modello eco-sociale europeo che negli ultimi decenni era andato rafforzandosi. Gli interventi per la semplificazione vedono al loro centro le domande dei datori di lavoro, non importa se un Rapporto recente sottolinea come la tutela dei diritti di lavoratori e lavoratrici segnali un punto di minimo considerando gli ultimi dieci anni. Ad esempio, nel nome della semplificazione, non solo l’introduzione delle due direttive sulla responsabilità sociale d’impresa è posticipata, ma le due direttive sono ulteriormente indebolite, come abbiamo indicato nella scorsa newsletter e come segnala l’accordo recente che ne limita l’applicazione alle società con almeno 5000 persone e 1,5 miliardi di euro di fatturato. Inoltre, nonostante qualche timido passo indietro dopo le proteste, il 20 giugno la Commissione ha annunciato il ritiro della Direttiva Green Claims che avrebbe obbligato i produttori ad indicare, dati alla mano, la compatibilità ambientale dei diversi beni e servizi prodotti, smascherando il greenwashing. E ancora, è stata ritirata la direttiva sulla responsabilità civile per l’intelligenza artificiale. Al contempo, il Pilastro Sociale dei diritti sociali è sempre meno invocato.
I rifugiati sono poi sempre più questione di mera sicurezza – come sottolineato dalla Presidenza danese appena avviata del semestre europeo -, non importa se il diritto internazionale e la Convenzione di Ginevra dicono diversamente. Intanto, i governi sovranisti alzano la loro voce, sostenuti da un partito popolare europeo che, quando lo ritiene utile, non esita a schierarsi in Parlamento con i partiti più di destra.
Infine, il 16 luglio la Commissione europea presenta la sua proposta per il prossimo Quadro Finanziario Pluriannuale, documento fondamentale per la definizione degli obiettivi e della distribuzione delle risorse dell’Unione dal 2028 al 2034. Le prime indicazioni aggiungono motivi di preoccupazione, contemplando uno stravolgimento del bilancio attuale dell’Unione. Il grosso delle entrate EU, per le quali peraltro non si prevede alcun sostanziale aumento, andrebbe ai piani degli Stati membri, così dando luogo a una rinazionalizzazione delle scelte, che nega le ragioni d’essere dell’Unione quale veicolo di realizzazione dei beni pubblici europei e delle garanzie democratiche di un governo federale multilivello. Il resto andrebbe al Fondo per la Competitività e al Fondo per un’Europa globale.
Certo, ancora oggi, abbiamo, nell’Unione, pezzi di politiche che rispondono alla giustizia sociale e ambientale e vi sono persone, forze politiche e organizzazioni della società civile che cercano di contrastare lo smontaggio in atto. Anche di questi pezzi di politiche e di queste voci vogliamo in questa newsletter dare conto, anche perché, come abbiamo più volte detto, di una Europa dedita alla giustizia sociale e ambientale avremmo un gran bisogno. Il quadro della politica europea nel quale ci muoviamo segna, però, un cambiamento e un regresso radicale del quale dobbiamo essere consapevoli.










