Un commento su risparmi, investimenti e competitività in Europa, pubblicato su Domani l’8 aprile 2025 e ripreso nel primo numero della newsletter “Quale Europa. Cronache per capire, discutere, scegliere”.
Anche sulla scia dei Rapporti Draghi e Letta, l’Unione per il Risparmio e gli Investimenti è considerata dalla Commissione europea fattore centrale per la competitività. L’assunto soggiacente è che il problema europeo sia riassumibile in un eccesso di risparmi rispetto agli investimenti: occorre pertanto fluidificare il mercato dei capitali europeo, favorendo lo spostamento dei risparmi dai depositi agli strumenti d’investimento. L’Unione europea dei capitali però non risolve di per sé il problema, perché il punto critico non sta tanto nella struttura dell’offerta di fondi, quanto nella domanda e negli impieghi da parte delle imprese, dunque dalla politica macroeconomica e dalle dinamiche del mercato dei beni e, soprattutto, dei servizi.
Come evidenzia il Rapporto Draghi, il risparmio degli europei non è affatto inerte. Ogni anno tra i 300 e i 400 miliardi di euro lasciano la UE in cerca di rendimenti migliori, soprattutto negli Usa, in ragione anche dei più elevati profitti frutto del potere monopolistico conquistato dalle grandi corporations dell’high tech. A questo non dovremmo, però, rispondere lasciando crescere il potere di monopolio per aumentare i rendimenti anche in Europa, ma cercando modi per mettere sabbia nei meccanismi che consentono i movimenti dei capitali, soprattutto verso gli Usa (che hanno debiti col resto del mondo che arrivano all’80% del PIL).
Foto di Micheile Henderson su Unplash





