Un commento sulla nuova strategia LGBTQI della commissione europea. Un approfondimento dal terzo numero della newsletter “Quale Europa. Cronache per capire, discutere, scegliere”
Lo scorso 8 ottobre la Commissione europea ha pubblicato la Strategia LGBTQI per il periodo 2026-2030, dopo la prima del 2020/2025, con l’obiettivo di rafforzare l’azione dell’UE contro la discriminazione nei confronti delle persone LGBTQI.
La nuova strategia è strutturata su tre pilastri: proteggere: rafforzare le misure contro l’odio, la violenza (inclusa quella online) e la discriminazione, con un focus specifico su odio e cyberbullismo diretti ai giovani LGBTQI; emancipare: garantire maggiore visibilità, sostenere la salute mentale e l’assistenza sanitaria, e assicurare un’adeguata rappresentazione delle persone LGBTQI nelle società e nelle politiche; coinvolgere: aumentare la partecipazione delle persone LGBTQI nelle iniziative e nei programmi di finanziamento a livello europeo, e sensibilizzare l’opinione pubblica attraverso campagne di informazione. La strategia si propone di rafforzare il quadro giuridico penale per combattere l’incitamento all’odio, con un nuovo piano d’azione contro il cyberbullismo entro il 2026, potenziare gli organismi per le pari opportunità, affinché siano davvero efficaci nel promuovere i diritti LGBTQI, sostenere le famiglie arcobaleno, incoraggiando i Paesi dell’UE ad adottare il riconoscimento della genitorialità, promuovere inclusione e rispetto nei luoghi di lavoro, insieme alla EU Platform of Diversity Charters.
Per aiutare gli Stati membri a vietare le pratiche di conversione, la Commissione pubblicherà uno studio che analizzerà la natura, la prevalenza e l’impatto di queste pratiche sulle persone LGBTQI e adotterà misure appropriate per contrastare le pratiche di conversione, con particolare attenzione al sostegno agli Stati membri.
Si continuerà a garantire la protezione per i richiedenti protezione internazionale e i migranti LGBTQI e la strategia promette di esplorare le opzioni legali per rafforzare il quadro di diritto penale per combattere l’incitamento all’odio e i crimini d’odio nell’ambito delle disposizioni vigenti del Trattato, con lo stanziamento di finanziamenti ad hoc per supportare le vittime.
Più fondi europei saranno destinati per progetti e organizzazioni che difendono i diritti LGBTQI e contrastano la discriminazione e per la nascita di un Forum politico LGBTQIA+ che riunisca parti sociali, società civile e comunità accademica. Nella strategia si legge anche di uno studio sulla disuguaglianza e la discriminazione abitativa, di una tabella di marcia per il 2030 sul futuro dell’istruzione e delle competenze digitali e di una campagna di comunicazione per coinvolgere le persone in tutta l’UE sui temi dell’uguaglianza e della non discriminazione.
La Commissione, si legge in un approfondimento sul sito dell’ASviS, chiede a ciascuno Stato membro di adottare delle Strategie nazionali LGBTQI evidenziando che, dei ventisette, solo tredici (tra cui l’Italia) hanno adottato specifiche strategie nazionali sulla base della strategia europea LGBTQI 2020-2025 e ricordando che nel 2024, 20 Stati membri hanno firmato una dichiarazione ministeriale, chiedendo ulteriori azioni e impegnandosi a collaborare con la Commissione per rinnovare la strategia (in questo caso l’Italia non è stata tra i paesi firmatari).
Nonostante la sua pubblicazione sia stata accolta con favore dalle organizzazioni attive per i diritti, non sono mancati i rilievi critici rispetto alla mancanza di coraggio della strategia anche in relazione all’attacco alle diversità che in tutto il mondo si sta manifestando, non più soltanto da parte di gruppi estremisti ma attraverso le posizioni esplicite di partiti di destra ed estrema destra che in alcuni paesi hanno eletto numerosi rappresentanti e in altri sono al governo.
La domanda chiave da farsi è: con questa strategia l’Europa riuscirà a diventare del tutto “un continente dove essere sé stessi e poter amare chi si desidera”? come si legge sul sito della Commissione nella pagina dedicata a uguaglianza e inclusione.
Qualche dato
Gli ultimi dati di Eurobarometro, pubblicati nel dicembre 2023 (su indagini condotte in quell’anno) mostrano che circa due terzi degli intervistati approvano la parità di diritti per le persone lesbiche, gay e bisessuali, nonché per le persone transgender, e più di sette intervistati su dieci concordano sul fatto che non ci fosse nulla di sbagliato in una relazione sessuale tra due persone dello stesso sesso e che il matrimonio tra partner dello stesso sesso dovesse essere consentito in tutta Europa, indicando un aumento del favore del 2% per le relazioni sessuali e del 3% per il matrimonio, rispetto al 2019. Tuttavia la stessa rilevazione mostra più della metà degli intervistati affermare che nel proprio Paese fosse diffusa la discriminazione basata sull’identità di genere (essere transgender, 57%) o sull’orientamento sessuale (54%), sebbene le prime tre cause venissero dall’appartenenza alla comunità rom (65%), dal colore della pelle (61%), e dall’origine etnica (60%).
FRA, ovvero l’Agenzia Europea per i diritti fondamentali, presenta nel maggio 2024 un comunicato dal titolo “Aumento delle molestie e delle violenze contro le persone LGBTIQ” in cui rende noti gli ultimi dati raccolti da un’indagine che ha coinvolto oltre 100 mila persone LGBTIQ nei 27 stati membri, sottolineando che “in Europa, sempre più persone LGBTQI dichiarano apertamente la propria identità sessuale. Allo stesso tempo, però, sono vittime di violenze, molestie e bullismo in misura maggiore rispetto al passato. Ciò vale in particolare per i giovani LGBTQI, che sono particolarmente vulnerabili”. Un altro dato negativo rilevato dall’indagine era il calo della fiducia nei governi nazionali rispetto al 2019: solo 1 su 4 riteneva che il proprio governo stesse combattendo il pregiudizio e l’intolleranza nei confronti delle persone LGBTQI, rispetto a 1 su 3 nel 2019.
Dall’ILGA-Europe, organizzazione ombrello indipendente e internazionale che riunisce oltre 700 organizzazioni provenienti da 54 paesi dell’Europa e dell’Asia centrale, sono arrivate critiche perché “la nuova strategia non risponde all’urgenza del momento e non è all’altezza di ciò che è necessario per garantire che l’UE protegga e promuova realmente i diritti fondamentali delle persone LGBTQI”. “Una strategia adeguata allo scopo” – continuano nel loro comunicato – “in grado di rispondere a un panorama politico in evoluzione caratterizzato da una regressione in materia di uguaglianza e diritti fondamentali, avrebbe dovuto includere piani per colmare le lacune legislative esistenti in materia di libertà di circolazione per tutte le persone LGBTI e le loro famiglie, nonché piani concreti su come lavorare per garantire la piena protezione delle persone trans, intersessuali e non binarie nel contesto giuridico dell’UE. Inoltre, e soprattutto, avrebbe dovuto prevedere un fermo impegno a utilizzare tutti gli strumenti a disposizione della Commissione quando gli Stati membri violano i diritti fondamentali delle persone LGBTI. Invece, molte delle azioni previste dalla strategia rischiano di essere puramente cosmetiche e di non avere alcun impatto tangibile sulla vita delle persone LGBTI”.
Le preoccupazioni di ILGA sono particolarmente puntuali e rilevanti perchè, ricordiamo, è l’organizzazione che dal 2009 produce la Rainbow Map: uno strumento di benchmarking annuale fondamentale che, assegnando un punteggio da 0 a 100% (che assume i colori dal verde al rosso, come un semaforo) illustra la situazione giuridica e politica delle persone LGBTQI in Europa. Un’organizzazione quindi che monitora costantemente l’evoluzione dell’uguaglianza formale e sostanziale delle persone LBGTI in Europa attraverso 76 criteri suddivisi in 7 categorie (uguaglianza e non discriminazione; famiglia; crimini d’odio e incitamento all’odio; riconoscimento legale del genere; integrità fisica delle persone intersessuali; spazio della società civile; asilo). Presentando a maggio scorso gli ultimi dati, il direttore esecutivo Chaber aveva dichiarato “La Rainbow Map 2025 offre un quadro chiaro della situazione dei diritti umani delle persone LGBTI in Europa e sottolinea l’urgente necessità di difendere e promuovere tali diritti in un contesto di grave erosione democratica. Se non contrastate, queste tattiche rischiano di diffondersi ulteriormente in Europa, minando un quadro dei diritti umani che ha richiesto decenni per essere costruito”.
E, se è vero che alcuni paesi come l’Ungheria o la Georgia o il Regno Unito sono sorvegliati speciali, l’arancione del nostro paese fa abbastanza impressione: l’Italia, al 35° posto su 49 paesi, è riuscita nell’ultimo anno a peggiorare il suo rating passando dal 25,4% al 24,4%, indietro di 17 punti rispetto all’Europa e di 27 se si considerano solo i paesi membri dell’UE.
In definitiva la nuova strategia europea che avrebbe l’alto compito di spostare tutti gli stati membri verso un avanzamento nei diritti sembra invece essere stata influenzata da un vento non favorevole alle persone LGBTQI. In ogni caso le organizzazioni per i diritti LGBTQI non intendono arrendersi. “L’impatto di questa strategia dipenderà da come la Commissione agirà nella pratica, da come utilizzerà il suo ruolo di custode dei trattati, da come sfrutterà gli strumenti giuridici esistenti e garantirà il rispetto della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea che tutela i diritti fondamentali delle persone LGBTI da parte di tutti gli Stati membri”, dichiara Katrin Hugendubel, Responsabile dell’Advocacy di ILGA-Europe. L’organizzazione ribadisce anche “la strategia consentirà comunque alla società civile di esercitare pressioni sulle istituzioni dell’UE, per quanto poco incisiva possa essere, e ILGA-Europe utilizzerà tutti gli strumenti a sua disposizione”.







