Un commento sulla revisione della legislazione farmaceutica europea (approfondimento al secondo numero della newsletter “Quale Europa. Cronache per capire, discutere, scegliere”)
Ad aprile 2023 la Commissione Europea ha approvato una bozza di revisione della legislazione farmaceutica, il cosiddetto pacchetto farmaceutico. Un anno dopo, ad aprile 2024, è stata la volta del Parlamento Europeo, e infine il 4 giugno di quest’anno si è espresso il Consiglio Europeo. Adesso Consiglio e Parlamento Europeo inizieranno le negoziazioni per arrivare a un accordo.
L’impressione è che, nonostante alcuni passi avanti e molto lavoro, si stia perdendo un’occasione preziosa per ripensare a fondo il sistema attuale di ricerca e sviluppo in ambito farmaceutico.
Tra gli aspetti positivi del pacchetto figura l’introduzione di incentivi ad hoc per gli antimicrobici. Tutte le istituzioni coinvolte propongono l’uso dei Transferable Exclusivity Vouchers, che permettono di estendere il periodo di esclusività sui dati derivanti dai trial clinici. Poiché possono essere venduti e utilizzati su qualsiasi farmaco, tali voucher rischiano di pesare considerevolmente sui bilanci pubblici, prolungando di fatto una situazione di monopolio. È pertanto apprezzabile la clausola proposta dal Consiglio, che ne limita l’uso ai prodotti con un fatturato inferiore a una soglia prestabilita. Purtroppo, però, incentivi alternativi come i subscription models (pagamenti fissi predeterminati indipendentemente dalla quantità di farmaco effettivamente consumata, che permettono all’azienda di avere dei profitti garantiti, e agli Stati Membri di avere accesso al prodotto) o i premi all’innovazione (premi monetari per le aziende che lanciano un prodotto sul mercato, o che raggiungono determinati step nel processo di ricerca e sviluppo) restano confinati alla sola proposta del Parlamento Europeo.
Tra i limiti vi è anche il mantenimento dell’attuale sistema di esclusività di mercato come principale incentivo per i farmaci destinati alle malattie rare. Questo approccio, già previsto dalla legislazione vigente, è problematico: diventando più vantaggioso quanto più ampio è il mercato di riferimento, l’incentivo favorisce lo sviluppo di terapie per le cosiddette “malattie orfane meno rare”, contribuendo così ad accrescere le disuguaglianze all’interno dell’universo delle malattie rare.








