Un commento sulla Direttiva sui Tirocini di qualità (approfondimento al secondo numero della newsletter “Quale Europa. Cronache per capire, discutere, scegliere”)
La seconda Commissione von der Leyen non ha fissato, per il 2025, alcuna iniziativa legislativa in materia di lavoro (e neppure di welfare). Prevede unicamente l’attivazione di una strategia (non legislativa) per i buoni lavori, ancora in corso di definizione. All’Unione, però, restano da dirimere le iniziative legislative avviate con la scorsa commissione e ancora aperte (e non revocate). Fra queste vi è la direttiva sui Tirocini di qualità, proposta dalla Commissione nel marzo 2024, dopo un decennio, come ricorda la Confederazione europea dei sindacati, “di mobilitazione da parte di lavoratori giovani, che domandavano la fine del lavoro non pagato, delle false promesse e di futuri insicuri”.
La direttiva ha avuto diversi momenti di arresto, non ultimo durante il semestre della presidenza ungherese nella seconda metà del 2024. Durante la presidenza polacca appena conclusa, il Consiglio europeo l’ha finalmente varata con un voto a maggioranza: 21 paesi a favore, Austria e Repubblica Ceca astenute e Spagna, Slovenia, Estonia, Germania e Spagna contrarie. Sui temi del lavoro, più direttamente connessi al funzionamento del mercato interno, vige la scelta maggioritaria anziché l’unanimità richiesta per la sicurezza sociale.
Assicurare un lavoro dignitoso ai giovani e alle giovani richiede una pluralità di misure, che investono la politica economica, il contrasto alla deregolamentazione del mercato del lavoro, l’estensione degli ammortizzatori sociali, la condivisione della cura. Si consideri, ad esempio, il rapporto 2024 dell’Agenzia della Gioventù e del CNG. Ebbene, questo rapporto rileva come dei 5 milioni di persone giovani (sotto i 35 anni) che sono dipendenti nel settore privato, ben il 40,9% ha un contratto precario, con solo il 39% del complesso dei giovani dipendenti che ha ricevuto 12 o più mensilità retributive dal datore di lavoro. Per effetto sia della bassa quantità di lavoro sia delle basse retribuzioni, nel 2022, la retribuzione lorda media annua dei giovani dipendenti del settore privato era 15.616 euro (a fronte del dato medio di 22.839 euro). Fra le misure rientra, però, anche assicurare tirocini di qualità, che rappresentando un’opportunità importante per acquisire conoscenze e competenze facilitano il passaggio fra l’esperienza educativa e l’accesso al mondo del lavoro.
Ciò nondimeno, i tirocini, anziché occasione formativa per favorire l’ingresso nel mercato del lavoro, si sono prestati e si prestano spesso ad abusi, mascherando lavori di fatto precari, senza diritti, a rischio di comportamenti discriminatori. Quando di qualità, ma non pagati, sono poi anche una barriera per la mobilità sociale, escludendo coloro che non possono lavorare gratuitamente. Una direttiva europea per la qualità dei tirocini potrebbe pertanto rappresentare un tassello importante per migliorare il lavoro dei giovani e delle giovani.
Il problema è che la versione varata dal Consiglio europeo si presenta assai indebolita rispetto agli obiettivi originari. Da un lato, lascia completamente fuori dalla richiesta di più tutele tutti i tirocini che hanno luogo all’interno dei percorsi d’istruzione, delle politiche attive del lavoro e delle transizioni scuola-lavoro. Dall’altro lato, lascia ai paesi membri la sostanziale autonomia di definire la relazione di tirocinio nelle relazioni di impiego e le misure da adottare per individuare i comportamenti abusivi. Il che non solo fa apparire inutile una direttiva europea. Rischia anche di legittimare lo status quo esistente nei singoli paesi, ignorando quella che dovrebbe essere una ragion d’essere dell’Unione, ossia, fungere da livello sovranazionale di protezione dei diritti.
Sono proprio queste le ragioni che hanno indotto la Spagna a non firmare, temendo che la direttiva possa consolidare le cattive pratiche esistenti anziché contenerle. Similmente, la Slovenia si è detta insoddisfatta rispetto all’incapacità di ricercare una posizione più ambiziosa.
La direttiva varata dal Consiglio ora torna al Parlamento. I Socialisti e Democratici preannunciano un forte impegno al suo cambiamento. Seguiremo la questione.






