Lo straordinario risultato della campagna europea “My Voice, My Choice” (approfondimento al primo numero della newsletter “Quale Europa. Cronache per capire, discutere, scegliere”)
Sono passati pochi giorni da un anniversario importante. L’11 aprile 2024, l’allora in carica Parlamento europeo, votava una risoluzione a favore dell’inserimento del diritto all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. In quello stesso atto l’Eurocamera chiedeva altre due cose: ai paesi membri di depenalizzare completamente l’aborto in linea con le linee guida dell’Organizzazione mondiale della Sanità del 2022 e alla Commissione di garantire che le organizzazioni contrarie all’uguaglianza di genere e ai diritti delle donne, compresi quelli riproduttivi, non ricevessero finanziamenti dall’Ue.
L’approvazione dell’Eurocamera non significava una automatica modifica della Carta per cui serve il voto favorevole all’unanimità di tutti i 27 Stati membri. Ed oggi, con questo europarlamento e con questi governi nazionali è difficile immaginare che si vada in questa direzione. La stessa Commissaria Lahbib durante la sua audizione a una domanda diretta su questo punto non ha nascosto la diversità di vedute tra i paesi dell’Unione. In altre parole, molto difficilmente in questa legislatura europea vedremo il diritto all’aborto in Costituzione.
Tuttavia, in questi stessi mesi, una coalizione sociale di 300 organizzazioni (tra cui il Forum Disuguaglianze e Diversità) di tutti e 27 i paesi ha lanciato la campagna transnazionale “My Voice, My Choice” per l’accesso sicuro e gratuito all’interruzione volontaria di gravidanza in tutta l’Unione Europea, superando il milione di firme raccolte. Solo undici sono le petizioni che hanno ottenuto questo risultato straordinario. La petizione chiede che l’Unione Europea “faccia tutto ciò che è in suo potere per garantire un aborto sicuro e accessibile a chiunque”, e in particolare che “implementi un meccanismo finanziario che aiuti gli Stati membri che aderiscono volontariamente a questa politica, a fornire cure abortive sicure a coloro che non ne hanno accesso”.
Non sono poche le donne che in Europa fanno fatica ad abortire. A Malta e in Polonia ci sono leggi molto restrittive, in Irlanda l’aborto è depenalizzato dal 2018. In altri paesi come l’Italia non ci sono particolari restrizioni ma è nota la massiccia presenza di medici e personale sanitario obiettori di coscienza e di intere regioni in cui di fatto il diritto all’aborto è difficilmente esigibile.
Nonostante secondo la legge dovrebbe essere presentata al parlamento ogni anno “entro il mese di febbraio”, l’ultima relazione sull’attuazione della legge 194 sulla interruzione volontaria della gravidanza (IVG) con i dati definitivi del 2022 è stata trasmessa al Parlamento nel dicembre 2024 ma non risulta reperibile sul sito del Ministero della Salute. È inoltre pressoché impossibile accedere a dati aperti e aggiornati per struttura per ogni singola regione come denunciano Chiara Lalli e Simona Montegiove nel loro lavoro “Mai dati”.
Tornando al contesto europeo, sicuramente le istituzioni UE non potranno ignorare il successo della petizione My Voice, My Choice con il suo milione di firme raccolte. Ne è assolutamente convito Matteo Cadeddu del comitato organizzatore italiano. “Dopo la consegna formale delle firme e il processo di verifica, la Commissione UE avrà 6 mesi per esprimersi formalmente, e iniziare eventualmente l’iter legislativo. In questo lasso di tempo il comitato promotore potrà incontrare rappresentanti della Commissione e avrà modo di esporre pubblicamente la campagna al Parlamento Europeo. È per questo che la mobilitazione non finisce qui, organizzeremo conferenze stampa ed eventi per mantenere alta l’attenzione durante il periodo di confronto con le Istituzioni, perché non possiamo permettere che l’Iniziativa dei Cittadini Europei più veloce di sempre – per la quale si sono mobilitate nelle strade migliaia di persone in oltre 200 eventi solo in Italia – rischi di rimanere inascoltata”.







